Follow us
Search

"Innovazione in agricoltura, sviluppo rurale e ambiente"

La relazione integrale del prof. Francesco Salamini all'Accademia dei Lincei e pubblicata sul sito del Quirinale

Publication date: Monday 30 June 2014

Intervento del Prof. Francesco Salamini sul tema: Innovazione in agricoltura, sviluppo rurale e ambienteRoma, Palazzo Corsini, 26/06/2014PremessaMentre nei paesi del sud del pianeta si deve ancora discutere di vero e proprio sviluppo rurale, nelle società sviluppate le dinamiche sociali dei comprensori agricoli sono integrate nei tentativi di raggiungere livelli sostenibili di consumi, anche alimentari, come esito di equilibri raggiunti tra intensificazione agricola e rispetto per l'ambiente. E' la tesi che caratterizza questo intervento: la questione agraria ha una rilevanza centrale nel determinare il futuro sviluppo di società organizzate in sistemi sociali complessi. Nelle società occidentali questa tesi non è sufficientemente discussa e meditata, specialmente nelle previsioni, che pur offre, relative al nostro futuro.Il problema, generato dalla necessità di una sufficiente produzione di cibo, nasce dalla constatazione che la pratica dell'agricoltura ha effetti evidenti sull'ambiente, soprattutto quantitativi: quanto pi๠terra è arata e tanto meno è disponibile per gli ecosistemi naturali. Il problema si aggrava se si considera che l'agricoltura deve necessariamente farsi carico dei bisogni alimentari delle popolazioni umane in aumento, ma anche dei cambiamenti nelle diete che ancora tendono a un maggior uso di proteine e calorie animali e della produzioni di bioenergia. Da qui la necessità di valutare quali effetti irreversibili sono determinati dalle agrotecniche correnti, e quali priorità hanno la conservazione della biodiversità del pianeta, la sostenibilità dei sistemi agrari, le azioni necessarie per controbilanciare i cambiamenti climatici e per contrastare il degrado dei suoli e delle acque.Nella comunità scientifica, quando la discussione affronta temi come biodiversità e ambiente9, 10, fa riferimento a: i) una agricoltura wildlife-friendly e ii) ad evitare la messa in coltura di nuove terre, privilegiando l'intensificazione colturale. L'approccio wildlife-friendly punta a ridurre l'impatto dell'agricoltura sull'ambiente minimizzando l'uso e gli effetti negativi di fertilizzanti e pesticidi: in presenza di perdite di produzione ridotte, l'approccio tende a un forte incremento della biodiversità nei terreni agrari. La seconda proposta prevede un agricoltura sempre pi๠intensiva che massimizza le rese riducendo la necessità di arare nuovi suoli. In questo contesto vengono spesso commentati i dati Fao11 (dati parziali pi๠recenti confermano queste stime) che illustrano la destinazione delle terre emerse del pianeta: 4,3 miliardi di ettari di deserto, ghiacciai e montagne, 3,8 miliardi di ettari di foreste e steppe, 3,4 di praterie e 1,5 di terreno agrario. L'attuale miliardo e mezzo di ettari coltivati in larga parte corrisponde ad agricolture intensive basate sul ricorso a prodotti chimici necessari per la fertilizzazione e per la protezione delle piante. Secondo i dati Fao, per produrre la stessa quantità globale di derrate alimentari, evitando il ricorso alla chimica, sarebbero necessari 4 miliardi di ettari di terreno agrario (5,9 miliardi nel 2025 se coltivati con metodi e protocolli di agricoltura non intensiva).La sfidaSe le stime riferite al 2050 delle popolazioni mondiali sono corrette - che indicano in circa 9 miliardi il numero complessivo di abitanti del pianeta - sarebbe necessario aumentare le produzioni agricole del 70-100%. Questo, però, potrà e dovrà essere realizzato con meno acqua d'irrigazione, meno energia e meno terra arata, cioè producendo tutto il cibo necessario ma, contestualmente, riducendo i danni ambientali. Infatti, gli effetti dell'agricoltura intensiva del passato sono evidenti: perdita di suoli, uso sempre maggiore dell'irrigazione, deforestazione, acidificazione degli oceani e riduzione delle riserve di pesci, contaminazione ambientale di natura chimica, perdita di biodiversità , emissioni di gas serra . Per esempio, negli ultimi 50 anni l'uso dell'azoto di sintesi è aumentato dell'800%: è possibile oggi prevederne un ulteriore raddoppio nel 2050, passando dalle attuali produzioni di 100 milioni di tonnellate a 200 milioni7? La sfida è difficile da sostenere, specialmente considerando che implica una radicale modifica dei sistemi agricoli oggi in atto, al fine di ridurre il consumo di acque ed energia, le emissioni di gas serra, la eutrofizzazione delle acque dolci.Soprattutto due fattori di disturbo generano preoccupazioni6:- nel mondo dal 2002 in poi si è notata una ripresa della colonizzazione di terre vergini. Queste vengono ora arate nella quantità di 10 milioni di ettari per anno. Sembrava che nuova terra non fosse pi๠necessaria, ma il nuovo dato è sicuro nell'indicare che nel 2030 saranno in coltivazione 200 milioni di ha di nuove terre, una superficie che corrisponde al 45% di tutte le terre vergini ancora arabili. Specialmente se si considera che in senso agricolo queste terre sono pi๠marginali di quelle già in uso, la conseguente perdita di biodiversità è molto significativa8,- una recente analisi degli andamenti produttivi registrati da serie storiche relative a specifici areali agricoli e a sistemi spesso monoculturali, indica che gli aumenti della produzione per unità di terreno sono decrescenti nel tempo, spesso non si nota aumento (in 14 su 36 casi considerati). Gli aumenti segnalati per mais, riso, grano e soia sono appena superiori a 1 % per anno, quando il 2.4 % sarebbe necessario6. Si sarebbe cioè raggiunto un upper yield plateau a causa di saturazione biofisica della capacità delle piante di produrre dei cambiamenti climatici, del degrado, spesso non rilevabile con indici sperimentali, dei suoli, di politiche - probabilmente corrette - di contenimento del mezzo chimico e dei bassi investimenti in ricerca.La coscienza che qualcosa deve essere fatto non solo per sviluppare in questo secolo nuovi sistemi agricoli pi๠adatti, ma anche, se possibile, per eliminare i dubbi sulla nostra capacità di farlo, ha spinto a considerare molto criticamente le evoluzioni nel consumo di prodotti agricoli. Per esempio, Gomiero et al9 segnalano che l'allevamento animale necessita del 70% di tutte le terre agricole e del 30% delle terre emerse. Dei 700 milioni di cereali prodotti nel mondo, il 30% è usato per i mangimi animali (il 60% di mais e orzo). Inoltre, per produrre la stessa quantità di proteine e calorie, gli animali usano da due a dieci volte pi๠energia dei vegetali. Questo genera la coscienza di una nuova priorità : per raggiungere la sostenibilità dell'agricoltura e dei consumi è necessario riconsiderare le diete umane ed eventualmente modificarle6.Soluzioni: il ruolo della scienzaLa necessità di innovare è profondamente legata alla capacità Agriculture at a crossroads di fare scienza.Antonio Saltini, autore di una imponente storia delle scienze agrarie, introduce un concetto che precisa una particolare peculiarità di questo settore scientifico: Abbiamo constatato il comporsi e il ricomporsi di due ispirazioni diverse, quasi due anime delle scienze agrarie: quella empirica e quella teorica. La prima protesa a ricalcare dall'esperienza pratica le regole per la conduzione delle colture e degli allevamenti, la seconda volta a dedurre, da leggi definite, i principi della scienza della coltivazione.L'approccio empirico ha dominato la pratica agricola che per il nostro paese iniziò qualche migliaia di anni prima di Cristo. Può vantare grandi successi: in tempi moderni il miglioramento genetico delle piante ha chiuso l'epoca delle grandi carestie del ventesimo secolo. Le piante della rivoluzione verde, vere macchine produttive che hanno moltiplicato le rese di 4-5 volte, sono state ottenute con metodi precisi ma comunque empirici. Un secondo esempio di questo approccio riguarda la fitoiatria, una scienza nata per curare le piante che sono esposte ad attacchi di malattie da microrganismi o da insetti. Nella seconda metà del 1800 compaiono in Italia e in tutta Europa nuove malattie della vite provenienti dal continente americano. L'attacco di una di queste, l'oidio, fu particolarmente grave: nel 1859 minacciava la sopravvivenza della coltura. Un giardiniere francese già nel 1852 aveva osservato che trattando le foglie della vite con zolfo si poteva controllare l'oidio. Fu così introdotta la solforazione, in trentino venne propagandata da Ludwig Von Comini, che, tuttavia, dovette superare l'opposizione contadina.In anni pi๠recenti la lotta contro l'oidio si è rivolta a metodi basati sulla conoscenza dei fenomeni biologici che nelle piante sono attivi per contrastare, dall'interno, gli aggressori esterni, metodi, cioè, che si rifanno a precisi meccanismi molecolari. L'uso di questo approccio è stato stimolato dalla constatazione che alcuni mutanti recessivi di orzo resistono all'oidio. Con una lunga e paziente applicazione di tecniche molecolari fu possibile clonare il gene di orzo la cui inattivazione induceva la resistenza della pianta a tutte le razze del parassita21. La disponibilità di questa sequenza, nota come gene mlo, ha permesso ai genetisti di S. Michele all'Adige di sondare il genoma della vite - nel frattempo decodificato a cura dello stesso Istituto - alla ricerca di geni omologhi. Tra i sedici ritrovati solo due sono espressi correttamente nei tessuti fogliari dove l'infezione di oidio si verifica: l'inattivazione di uno dei due ha permesso di ottenere, anche per la vite, genotipi resistenti, utilizzando, in questo, la conoscenza precisa del meccanismo responsabile.Il recente contributo della scienza può essere così riassunto: vaccini in medicina umana e veterinaria, terapie di reidratazione, integrated post management in agricoltura, sviluppo di varietà di piante e di razze animali superiori, zero tillage in agricoltura, meccanica dell'irrigazione, sistemi di purificazione delle acque, telefonia mobile nella vita rurale, controllo biologico degli insetti.Le agrotecnicheI temi di ricerca agronomica che rendono pi๠sostenibile la produzione di alimenti occuperebbero un lungo elenco2. Soprattutto, i putativi nuovi sistemi agrari dovrebbero essere ridiscussi alla luce della conoscenza disponibile per valutare con misure molecolari la biodiversità che ancora insiste sui terreni agrari. Inoltre, va considerato che la cura dei campi come preoccupazione primaria va integrata con la consapevolezza che la pianta va resa interprete dell'ambiente al quale si deve adattare, riducendo così il bisogno di cure colturali. Il Consiglio Nazionale delle ricerche degli Stati Uniti ha prodotto sull'argomento una corposa rassegna. Sostiene che, se i sistemi agrari devono essere modificati, la ricerca deve esplorare tutte le loro proprietà alla luce delle dimensioni multiple della sostenibilità . Propone sia un approccio incrementale che un secondo definito trasformativo. Il primo sviluppa una verifica di quanto oggi è in essere basata sui fondamenti scientifici della sostenibilità agricola. I contenuti dell'approccio riguardano la diversificazione aziendale, le piante tappezzanti, le rotazioni, l'intercropping, i sistemi a ridotta aratura, la gestione dei reflui, i concimi organici e il letame, le composte e il sovescio, l'efficienza d'uso dell'acqua, il riuso delle acque, il management dei fertilizzanti, l'agricoltura di precisione, la lotta integrata agli insetti e il loro controllo biologico, nonchà© i mercati di nicchia e i costi dei nuovi sistemi, le politiche agricole e i programmi sociali. L'apporto e il contributo della ricerca scientifica ad applicare alle realtà agricole moderne le azioni previste dall'approccio incrementale sono, e soprattutto potrebbero essere, indispensabili per raggiungere i futuri obiettivi di sicurezza alimentare. In particolare, lo sviluppo di sensori per lo stato idrico e climatico delle colture, associati e gestiti da programmi di informatica, assistiti ove necessario da GIS (geographic information system) e GPS (global positioning system) innovazione dei veicolata anche attraverso innovazioni di meccanica agraria (per esempio dedicate al controllo delle derive dei trattamenti chimici), può rendere pi๠precise e sostenibili le azioni sopra elencate.L'approccio trasformativo prevede l'integrazione tra aree disciplinari diverse e richiede l'intervento di politiche appropriate relative anche al mercato. I suoi esiti dipartono significativamente, in termini di sistemi di coltivazione dei campi e di paesaggio agrario, dai sistemi oggi dominanti. Considera sinergie, efficienze, capacità di ripresa degli ecosistemi disturbati, le interazioni viste a livello biofisico, sociale, economico e politico, i sistemi organici a basso input, il pascolamento a rotazione, le nuove produzioni come il biofuel da cellulosa, la riduzione dei reflui dei campi, la gestione cooperativa delle acque e dei comprensori, l'esplorazione della complessità degli agro ecosistemi sviluppando rotazioni complesse, l'integrazione tra produzione animale e vegetale, e la flessibilità nel controllo di infestanti, insetti e malattie. Un approccio multidisciplinare è in grado di evidenziare vantaggi e svantaggi dell'agricoltura alla luce della combinazione tra carico ambientale, salute umana, welfare, economie locali, salubrità del cibo, cura degli animali. Raccomanda di considerare, oltre all'agricoltura di precisione e ad altre forme di agricolture integrate9, anche principi e pratiche dell'agricoltura biologica, specialmente nei suoi tentativi di capire e usare i processi biologici che riciclano la fertilità , migliorano il suolo, hanno riguardo per la componente viva attiva del sistema e che conservano la biodiversità .Il terreno agrarioE' il principale fattore che determina la produttività dei campi. Ospita batteri, funghi, alghe, protozoi, nematodi ed anellidi. Questi organismi provvedono alla trasformazione del 97% della materia ed energia presenti nel sistema. In un grammo di terreno sono presenti circa 1 miliardo di cellule vive -corrispondenti a 1600 chilometri di DNA- che nella grande maggioranza (99%) non sono coltivabili in vitro, ma che, pur tuttavia, nei climi temperati costituiscono una biomassa pari a 3 tonnellate per ettaro, uguale in quantità alla biomassa vegetale che insiste sulla stessa superficie. La ricchezza di specie presenti (1,5 milioni quelle dei funghi) fa' del suolo la riserva principale di biodiversità microbica da proteggere, se nel futuro dovrà rappresentare la fonte di nuove molecole terapeutiche.Circa 6000 specie di funghi si associano alle radici di quasi tutte le piante di interesse agrario o presenti negli ecosistemi naturali a formare le simbiosi micorrizziche che concorrono significativamente all'assorbimento, da parte delle radici, degli elementi minerali della fertilità . Le reti micorrizziche si estendono dalla radice al suolo circostante coinvolgendo gli apparati radicali di piante appartenenti a specie, generi e famiglie diverse, creando così una rete di grande estensione.Una agrotecnica da adottare su larga scala nel futuro è nota come zero tillage e si basa sull'abbandono dell'aratura come pratica agricola. La sua adozione è stata possibile dopo lo sviluppo degli erbicidi, in condizioni di zero tillage il rilascio dal terreno di anidride carbonica e di ossido di azoto e le perdite di suolo agrario sono decisamente ridotte. La tecnica, ovviamente, porta a un risparmio attorno al 50% del carburante agricolo. La possibilità di mettere in atto analisi meta genomiche del suolo, al momento apre insperate prospettive riguardo alla conoscenza delle dinamiche genetiche e metaboliche della biomassa viva dei suoli agrari, un tipo di ricerca preparatoria alla considerazione dei futuri e possibili problemi della loro sostenibilità produttiva.Lotta agli insetti La difesa della colture dall'attacco degli insetti ha rappresenta un importante fattore a sostegno dell'aumento delle produzioni agrarie. La lotta agli insetti viene prevalentemente condotta ricorrendo ai pesticidi, prodotti chimici in grado di interferire, bloccandolo, con il metabolismo del target. Queste molecole sono però dannose anche per l'uomo ed altri organismi, compresi gli insetti non target, e persistono nei biotopi agrari. Per questo la lotta integrata a questi parassiti cerca di minimizzare i danni e rendere razionale il ricorso ai pesticidi. L'approccio prevede la diagnosi del problema, il monitoraggio delle epidemie, l'ottimizzazione temporale degli interventi e la definizione delle dosi, la selezione di molecole con un impatto ambientale minimo, il trasferimento di quantità massime di molecole al target minimizzando la contaminazione ambientale e dell'operatore, tendendo ad ottenere prodotti agrari con il minimo di residui.Negli ultimi decenni lo sviluppo di insetticidi meno pericolosi per l'uomo e per l'ambiente si è avvalso di conoscenze avanzate di chimica, fisiologia, biochimica, struttura molecolare e funzione proteica, genetica e genomica. In particolare, è la precisa conoscenza della molecola e del sito molecolare di azione dell'insetticida che offre possibilità di ulteriori progressi nell'introdurre nel suo uso il concetto di sicurezza26. E', tuttavia, evidente che la lotta agli insetti deve necessariamente esplorare altri approcci e avere come obiettivo primario la cosciente priorità di proteggere meglio gli ecosistemi. Rachel Carlson già nel 1962 scriveva che Esiste una straordinaria varietà di alternative al controllo degli insetti. Alcune hanno già avuto successo. Altre sono in via di sviluppo o rappresentano idee di scienziati con molta fantasia. Tutte hanno in comune l'essere basate sulla conoscenza degli organismi da controllare e delle loro interazioni biotiche. Questo approccio è noto come biocontrollo28. Prevede l'uso di predatori naturali degli insetti noti come parassitoidi (efficaci contro tre insetti della cassava e del mango e nella lotta contro la mosca bianca, Bemisia tabaci), il ricorso a virus, funghi e batteri, come Bacillus thuringensis, Beauveria, Metharhizum, in grado di provocare la morte dell'insetto dannoso. Non è, in questo contesto, insignificante quanto è stato ottenuto ricorrendo a tecnologie trasgeniche tese a modificare la pianta agraria per renderla resistente agli insetti, come nel caso del ricorso ai geni Bt per la difesa del mais contro la piralide.Una vera innovazione è la messa in atto di interventi che che interferiscono, peggiorandola, con la biologia riproduttiva degli insetti. E' noto che alcuni insetti utilizzano feromoni sessuali come richiamo per l'accoppiamento. La disponibilità di feromoni sintetici consente di interferire con il loro sistema di comunicazione impedendo l'accoppiamento. Una volta che i feromoni sono noti nella loro struttura chimica, possono essere resi disponibili per sintesi. La tecnica viene poi completata con l'individuazione delle formulazioni e concentrazioni necessarie36. Sono anche stati messi a punto sistemi di diffusione dei feromoni nei frutteti. Le prime esperienze in Trentino, dove i comprensori produttivi sono particolarmente omogenei e quindi adatti a una lotta generalizzata, datano dal 1981, dieci anni dopo il metodo era applicato su centinaia di ettari. Al momento è in atto una copertura del 100% in viticoltura per il controllo di Lobesia botrana e del 70% in frutticoltura per Cydia pomonella. I meccanismi di risposta dell'insetto ipotizzati sono false trail following (disorientamento, competizione fra sorgenti naturali ed artificiali), camouflage (mascheramento della scia feromonale), e habituation (sovraeccitazione dei sensori dell'insetto). Pi๠recentemente la Fondazione di S. Michele ha sviluppato una tecnica simile basata sul disorientamento sessuale indotto da vibrazioni.La biologia agraria AcquaUn ettaro di mais che produce 9 tonnellate di semi usa circa 7 milioni di litri di acqua. Questo corrisponde a 1000 mm di pioggia o a 10 milioni di litri di acqua irrigua4. Nel caso della distribuzione dell'acqua per aspersione, invece che per scorrimento, le produzioni aumentano del 5-20% e si riduce del 15% il consumo di acqua, l'irrigazione a goccia determina incrementi produttivi del 15-30% e utilizza il 20-60% di acqua in meno8. Sulla base degli attuali consumi di acqua, questi aumenteranno nel 20308 fino a 6350 miliardi di m3, in una situazione dove l'estrazione di acqua dalle riserve del suolo è comunque già eccessiva. Inoltre, la competizione per l'acqua tra usi civili e agricoltura dovrebbe tradursi nel 2050 in un 18% in meno per quest'ultima38.Un razionale approccio al problema dell'uso dell'acqua in agricoltura dovrebbe considerare i trattamenti di reflui agricoli che permettono il recupero della risorsa, le relazioni tra uso di acqua e uso di energia, la gestione dei rischi da siccità e inondazione, i servizi agli ecosistemi umidi39. Una tra le molte possibili soluzioni è ovvia: ridurre i consumi. Una seconda è di sviluppare varietà di piante che utilizzano meglio l'acqua o che possano superare periodi di siccità .Studi rivolti alla identificazione di geni coinvolti nel controllo della resistenza alla siccità hanno chiarito il ruolo chiave di una classe di fattori trascrizionali noti come CBF (DREB-repeat binding factors) che, in colza, pomodoro, frumento, mais e riso, inducono un certo grado di resistenza allo stress40, 41 . Un secondo approccio molecolare si rivolge all'uso di RNA di dimensioni ridotte (small RNAs), molecole di 19-27 nucleotidi che regolano diversi aspetti dello sviluppo delle piante42. Includono micro RNA (miRNA), small interfering RNA (siRNA) e trans-acting siRNAs (ta-siRNA). Queste molecole possono muoversi all'interno della pianta e così trasportare il loro messaggio anche a lunga distanza Dal punto di vista applicativo possono essere prodotti in pianta per regolare importanti funzioni geniche che determinano la resistenza agli stress abiotici43. Nell'ultimo studio citato, un callo della pianta resurrection Craterostigma Plantagineum44 prodotto in vitro con un esperimento di trasformazione genetica su larga scala, acquisisce, rimanendo vivo, la resistenza all'essicazione in assenza dell'ormone acido abscissico. E' stato possibile isolare dai tessuti del callo il gene CDT-1 che codifica per un ta-siRNA in grado di aprire la via metabolica che conduce alla rigenerazione funzionale di tessuti vegetali secchi. La ricerca è solo all'inizio ma in questo settore si possono intravedere sicuri interventi per far risparmiare acqua alle piante coltivate.PerennialismoDelle terre emerse, 44 milioni di Km quadrati di suoli agricoli hanno condizioni ambientali che permettono solo un'agricoltura a bassa resa, quando coltivati con piante annuali: sono terre agricole marginali ad elevato rischio di degrado. Il loro sfruttamento sarebbe comunque possibile, nel rispetto dei canoni di sostenibilità agricola, coltivando piante perenni. Queste colture riducono il consumo di energia e di prodotti agrochimici, gli effetti delle arature sulla perdita di suolo, così come il consumo di acqua e le perdite di azoto (da 30 a 50 volte in meno delle piante annuali45). In assenza di concimazione, la graminacea perenne Miscanthus, per esempio, intercetta il 61% in pi๠di radiazione solare e produce il 59% in pi๠di biomassa, confrontata al mais allevato nelle stesse condizioni. Hanno qualche svantaggio: sacrificano parte della produzione per sostenere il loro perennialismo.Lo sfruttamento pratico del perennialismo per la produzione di derrate alimentari viene proposto in due versioni: - trasformazione di specie annuali in perenni. E' il caso di grano, sorgo, girasole, Desmanthus e riso. Questo approccio utilizza metodi convenzionali, essenzialmente incrocio interspecifico assistito da marcatori molecolari, se disponibili, ma anche metodi molecolari, per ora tesi alla individuazione, in specie modello, di geni responsabili del comportamento perenne. Vengono considerati il responso foto periodico, la via metabolica delle gibberelline, la risposta della pianta alla vernalizzazione. Questi metabolismi sono integrati e convergenti nel regolare a valle l'espressione di geni attivati o repressi. I geni Cry2, Co, Flc, Fri, Ft, Soc1, Fpf1, Ap1, Lfy hanno un ruolo centrale in questa integrazione. Due geni citati partecipano al determinismo dell'epoca di fioritura, Soc1 (Suppressor of overexpression of Constans1) e Flc (Flovering locus C) e i loro ortologhi di specie perenni come Arabis alpina, sono responsabili della trasformazione di una specie erbacea annuale in una perenne,- addomesticamento di nuove specie perenni. Si accenna a tre nuove specie che possono giocare un ruolo, se addomesticate e migliorate, nello sviluppo di sistemi agricoli sostenibili. Thinopyrum intermedium, sinonimo Agropyrum intermedium, è una graminacea euroasiatica perenne. I suoi semi sono simili a quelli del frumento, anche per caratteristiche nutritive. I genetisti lo hanno scelto dopo aver considerato almeno un centinaio di specie perenni, come pianta adatta a produzioni di cereali. Può essere utilizzato anche come specie foraggera. Controlla l'erosione del terreno e ne migliora la fertilità . E' stato anche incrociato con il frumento per trasferire l'attitudine al perennialismo. Presso il Land Institute di Salina, Texas, la specie viene selezionata per l'attitudine a produrre seme e per altri caratteri agronomici. Desmanthus illinoensis, è una leguminosa perenne, nativa dell'America del nord, adatta a sistemi agricoli che prevedono la coltivazione di miscugli di piante. I semi che produce contengono attorno al 38% di proteine e, cotti, sono adatti all'alimentazione umana. Le sue radici ospitano batteri azoto fissatori che contribuiscono a migliorare la fertilità dei suoli58. L'addomesticamento della specie è in atto59. Helianthus maximiliani, nativo delle Americhe, è una composita rizomatosa perennante. Il rizoma è edule, ha foglie strette, ricoperte da tricomi e foglie verdi anche nel tardo autunno, fusto ramificato. Colonizza luoghi soleggiati con precipitazioni annuali tra 250 e 1250 mm. Quando non è in vegetazione tollera gli incendi. Presso il Land Institute è in atto il suo addomesticamento, teso a creare una specie perenne da olio.Biomassa e fotosintesiLa considerazione delle piante da energia al momento si concentra sulla scelta dell'organismo su cui puntare. Il ricorso ad adattamenti biotecnologici sarà necessario per trasformare una biomassa cellulosica in bioetanolo. I modelli allo studio sono pioppo, miscanto, Panicum virgatum, Arundo donax. I caratteri di queste piante da migliorare o da introdurre sono perennialismo, maschio sterilità , qualità della ligno-cellulosa, efficienza fotosintetica architettura della pianta, uso dell'azoto e foto respirazione. E' al momento in corso il tentativo di trasferire a una alga unicellulare i geni delle piante responsabili del processo fotosintetico. L'obiettivo è di studiare ed eventualmente modificare il processo in presenza di un'attenuazione della repressione da fotosintati, traendo anche vantaggio dalla facilità di isolare mutazioni utili in un organismo unicellulare63. Sono note anche altre possibilità basate sulla ingegnerizzazione di processi che possono aumentare l'accumulo di biomassa.Le piante convertono in energia chimica dal 2 al 4% dell'energia radiante che intercettano66. L'arricchimento delle concentrazioni della CO2 nell'organello fotosintetico delle piante con fotosintesi C3 aumenta la velocità fotosintetica del 50% (30% come media di un intero giorno63, 66). Questo, tuttavia, si traduce solo nel 10% in pi๠di sintesi di sostanza secca, ma considerando la fase di sviluppo esponenziale della pianta il differenziale positivo può arrivare ancora al 50%63, 66. Se gli organi che accumulano i fotosintati sono insufficienti, il vantaggio fotosintetico sostenuto dalla nutrizione carbonica può essere limitato. Il processo fotosintetico e l'accumulo dei suoi prodotti sono infatti coordinati: se il sink si riduce la fotosintesi ne risente negativamente. Anche con la sottoespressione dei geni codificanti per i trasportatori del saccarosio, responsabili dell'esportazione dello zucchero dalla foglia, si nota riduzione della velocità foto sintetica. Al contrario, l'espressione costitutiva dei trasportatori scarica la foglia dai carboidrati mantenendo al massimo il processo fotosintetico ed evitando la senescenza fogliare.I dati degli esperimenti di arricchimento sono stati interpretati in funzione di un assunto: quanto è ottenibile variando la concentrazione di CO2 si può riprodurre con il miglioramento genetico e/o con manipolazioni geniche. Per questo i tentativi di migliorare la produttività delle piante coltivate vengono costantemente messi in atto.Nelle piante a fotosintesi C4 l'arricchimento del cloroplasto con CO2 è costitutivo e risulta in una decisa minor perdita da fotorespirazione di CO2 già fissata. Come risultato le piante C4 hanno alte rese fotosintetiche e di accumulo di sostanza secca pur avendo concentrazioni cellulari di Rubisco inferiori, sono inoltre efficienti a basse concentrazioni nell'aria di CO2 senza mantenere gli stomi troppo aperti, risparmiando così acqua. In termini evolutivi, l'acquisizione della sindrome C4 è stata polifiletica, indicando che la trasformazione di una pianta C3 in una C4 potrebbe geneticamente considerarsi semplice69. Con una restrizione: le reazioni di carbossilazione implicate nella fotosintesi C4 devono rimanere separate: quella della fosfoenolpiruvato carbossilasi attiva nelle cellule del mesofillo fogliare e quella della Rubisco nelle cellule della guaina dei fasci. Per questo l'utilizzazione dei meccanismi molecolari C4 per migliorare la fotosintesi C3 è difficile in quanto presuppone la capacità di esprimere enzimi in tessuti e cellule diverse anatomicamente, da rendere adatti alla fotosintesi C4: un approccio per ora molto difficoltoso.E' questa la ragione che ha indotto a considerare come strategia pi๠adatta la correzione dei limiti della fotosintesi C3. Il miglioramento di questo ciclo metabolico ha per ora riguardato, con successi limitati, solo piante modello: uso di forme termostabili dell'enzima che attiva la Rubisco, sovraespressione in tabacco (ma non riscontrato in riso) del gene che codifica per l'enzima sedoeptulosio 1,7-bifosfatasi che partecipa alla rigenerazione di ribulosio bifosfato, ingegnerizzazione della proteina Rubisco (campionata in natura per resistenza alle alte temperature e con produzione di ibridi tra Rubisco vegetale e quella di Clamidomonas), riduzione per via transgenica della fotorespirazione in Arabidopsis a seguito di sovraespressione di tre geni batterici che trasformano il glicolato in gliossalato. L'approccio che pi๠di altri al momento attira l'attenzione dei tecnologi prevede l'espressione nei cloroplasti dei trasportatori di CO2 e di acido carbonico dei cianobatteri. Il relativo modello teorico precisa che aggiungendo al genoma vegetale C3 un singolo trasportatore si aumenta del 9% l'efficienza del processo fotosintetico, utilizzando tutti i pi๠importanti componenti del meccanismo che concentra la CO2 nei cianobatteri si ottiene un aumento dell'efficienza del 58%. Nuovi approcci a questo ormai datato problema del miglioramento della fotosintesi potrebbero riguardare: modelli per la ridistribuzione cellulare e organellare degli enzimi della fissazione del carbonio, vie metaboliche sintetiche con lo stesso potere biosintetico ma meno sensibili all'ambiente molecolare, meccanismi molecolari alla base della variazione naturale della velocità fotosintetica70.Piante e parassiti: genetica Una riduzione nel carico ambientale è associabile alla coltivazione di piante che resistono a insetti e patogeni, con conseguente riduzione dell'impiego di agrochimici. Contributi recenti alla possibilità di ottenere piante resistenti, se non addirittura immuni, all'attacco dei parassiti animali e microbici, vengono dall'analisi genomica della famiglia genica NBS-LRR che in tutti i vegetali codifica per i recettori del segnale proveniente dal parassita, dalla considerazione del ruolo che nei fenomeni di resistenza hanno gli RNA di piccole dimensioni (smallRNA30, 33), da nuove conoscenze sulla partecipazione dell'acido salicilico al segnale che potenzia la resistenza endogena delle piante, dalla scoperta e dall'analisi funzionale delle molecole secrete dai patogeni e che mediano i loro rapporti con la pianta.Un esempio particolarmente interessante riguarda l'induzione di resistenza ai potyvirus. La proteina virale VPg si lega, nel test di lievito a doppio ibrido, al fattore tradizionale eucariotico f4 (eIF4E) delle

Ulteriori informazioni

Licenza d'uso
Creative Commons CC0 1.0 Universal - Public Domain Dedication (CC0 1.0)

Last modified:Thursday 01 June 2023

Tipologia di contenuto

Notizia